Case per postelegrafici

Case economiche per dipendenti del Ministero delle Comunicazioni

Commissionato
Commissionato da:
Ministero delle Comunicazioni
Progetto di
Progetto di:
Ezio Bianchi nel 1931
Anno di costruzione
Anno di costruzione:
Tra il 1931 e 1933

Siamo all’inizio degli anni ‘30. La zona dell’attuale viale della Libertà – all’epoca intitolato a Benito Mussolini – è palcoscenico di grandi cambiamenti, trasformazioni e costruzioni.

La nuova stazione ferroviaria è appena stata terminata, insieme ai primi lavori per la trasformazione del viale in un grande “boulevard all’italiana”.

Il regime fascista ripone grandi speranze su questa area: vi dovranno sorgere “nuovi ed eleganti edifici che daranno un’impronta di modernità al nostro paese”, come scrive Ettore Casadei nella sua Guida alla Città di Forlì e dintorni.

Viale della Libertà, allora viale Benito Mussolini. Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

Viale della Libertà, allora viale Benito Mussolini. Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

Il protagonista di questa modernità è il popolo italiano. Alcune fasce della popolazione risultano più adatte di altre, secondo il regime, per portare avanti l’ambizioso progetto di fascistizzazione delle masse: i funzionari e i burocrati statali sono una di queste.

Il punto di vista dello storico:

Burocrazia e fascismo

La nascita dell’edificio

Il progetto per costruire due edifici che ospitino, in alloggi economici ma moderni e salubri, i funzionari del Ministero delle Comunicazioni che lavorano a Forlì, viene affidato all’Ingegnere Ezio Bianchi.

Bianchi, direttore dell’Ufficio tecnico del Compartimento delle Ferrovie dello Stato di Bologna, conosce bene la zona: ha da poco progettato la nuova stazione di Forlì, un edificio eclettico ricco e dal sapore neorinascimentale.

La nuova stazione di Forlì progettata da Ezio Bianchi. Fonte: Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

La nuova stazione di Forlì progettata da Ezio Bianchi. Fonte: Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

Per costruire i due edifici per postelegrafonici Bianchi ha a disposizione un budget limitato: progetta due palazzine gemelle che ospitano 12 alloggi ciascuna, con una facciata di stampo eclettico piuttosto semplice.

Il progetto di Ezio Bianchi

Fonte: Archivio di Stato di Forlì-Cesena

Il progetto non convince pienamente la commissione edilizia, che definisce i due edifici “molto castigati dal punto di vista decorativo, e ritenuti esteticamente poco intonati all’importanza del viale”. 

L’architetto Leonida Emilio Rosetti dà precise indicazioni per migliorare l’aspetto degli edifici: ingrandire il cornicione, arricchire le cornici delle finestre del primo e secondo piano e usare pietra naturale per rivestire il basamento.

La facciata disegnata dall’ingegner Bianchi. Fonte: Archivio di Stato di Forlì Cesena

La facciata disegnata dall’ingegner Bianchi. Fonte: Archivio di Stato di Forlì Cesena

Bianchi accoglie ove possibile le modifiche richieste, facendo però notare che a causa del budget limitato non è possibile ricorrere alla costosa pietra naturale, che viene sostituita da finto travertino in litocemento che imita a basso costo la pietra naturale.

Il basamento

Il basamento

Il litocemento

Luoghi che raccontano storie
Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

1931 -1932

La ciminiera della fornace viene demolita: foto raccolta Cappuccini

La ciminiera della fornace viene demolita: foto raccolta Cappuccini

Per fare spazio alle case per postelegrafici viene espropriato il terreno dove sorge, fin dal 1890, la Fornace Ragazzini

La storica fornace forlivese produceva laterizi, mattoni, tegole e tavelle realizzati con l’argilla che estraeva in parte dal terreno dove si trovavano gli stabilimenti e in parte da cave site fuori città.

Proprio il terreno argilloso e irregolare pone qualche problema all’inizio dei lavori: gli acquitrini devono essere prosciugati, il terreno livellato e risanato. Ciò nonostante i lavori procedono velocemente e in un paio d’anni le palazzine sono pronte per ospitare i loro abitanti.

Le case per postelegrafici ancora in costruzione. Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

Le case per postelegrafici ancora in costruzione. Archivio Fotografico della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì

1933 – 1940

Alcuni impiegati del ministero delle Comunicazioni si trasferiscono nei 24 appartamenti, insieme alle loro famiglie. Tra queste c’è la famiglia di Giuliana, nata nel 1939. Il padre lavora alle poste, la madre è lavandaia. Hanno due figlie, tra cui Giuliana, e due figli.

Le case, racconta Giuliana che ha vissuto qui per una vita, sono semplici e salubri. A differenza delle vicine case Incis, pensate per abitanti più prestigiosi, non ci sono termosifoni. La cucina è una semplice cucina economica e i servizi sono dotati solo di wc. Il bagno si fa nelle mastelle, in cantina, nello stesso ambiente in cui la madre di Giuliana lavora come lavandaia per vicini e conoscenti.

Le lavanderie, ora in disuso

Le lavanderie, ora in disuso

Il corridoio che porta alle cantine

Il corridoio che porta alle cantine

Le cantine nei ricordi degli abitanti sono un luogo affollato dove si fa il bucato e il vino, si gioca a carte, si stipa la legna e si nascondono le biciclette perché non vengano rubate

1941 – 1945

Durante la guerra molti degli abitanti dovranno sfollare in campagna. La ringhiera originale dei cortili, in ferro, un materiale preziosissimo in tempo di guerra, viene smontata e portata via. Verrà ricostruita qualche anno dopo in cemento.

Vista della casa con la cancellata “autarchica” costruita in cemento, che ha sostituito quella in ferro battuto

Vista della casa con la cancellata “autarchica” costruita in cemento, che ha sostituito quella in ferro battuto

Il dopoguerra

Si torna a casa, la vita ricomincia, il viale si ripopola. Giuliana ricorda con nostalgia lunghe serate d’estate passate a sedere sulle panchine del viale. Bisognava affrettarsi a prendere posto, subito dopo cena, perché lo spazio si esauriva in fretta.

I bambini giocavano a nascondino in mezzo ai lenzuoli stesi, giravano in pattini a rotelle per il viale e costruivano cerbottane con i tubi elettrici.

L’edificio della Ex Gil, che durante il regime era un polo sportivo e culturale dedicato all’indottrinamento ideologico dei giovani, subito dopo la guerra ospita famiglie che hanno perso la casa durante la guerra. I bambini del quartiere vi vivono grandi avventure entrando di nascosto dalle finestre rotte.

L’ex Gil. Foto Archivio Cesare Valle

L’ex Gil. Foto Archivio Cesare Valle

Negli anni ‘60, nel campetto tra l’ex Gil e l’ex collegio aeronautico, di tanto in tanto, si fermava il circo. Al bar del circolo Edera, fondato nel 1947, si andava a guardare la televisione: Lascia o Raddoppia era la trasmissione più popolare. Il barista si aggirava tra gli avventori per scovare chi non aveva consumato e lo puntava fino ad ottenere la sospirata consumazione.

Oggi

Varchiamo il portone

Oggi gli appartamenti sono tutti privati. Nel corso degli anni sono stati ristrutturati e adattati alle esigenze moderne: nei bagni a fianco al wc sono arrivate vasche o docce. Sono apparsi i termosifoni, i pavimenti sono stati molto spesso rifatti e le cucine rimodernate. In alcuni appartamenti, sul retro, sono apparsi dei balconi.

I balconi sul retro

I balconi sul retro

Giuliana vive ancora nel suo appartamento. I suoi vicini di casa oggi sono famiglie, giovani e studenti. Pochi, forse nessuno, lavorano alle poste.

Fatti guidare dall’architetto

Il punto di vista dell’architetto

Vista attuale (2021) delle case postelegrafonici

Vista attuale (2021) delle case postelegrafonici

Fine progetto

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