Le case I.N.C.I.S. sono due edifici gemelli. Si guardano da una parte all’altra del viale della Libertà, attraverso i lecci che le nascondono parzialmente.
Nei primi anni ‘20 l’area dove si trova ora viale della Libertà era una zona industriale posta tra città e campagna. Sorgevano qui i cantieri Ettore Benini, la Orsi Mangelli (se ora ti trovi nel viale forse riesci ancora a vedere l’alta ciminiera) e la fornace Ragazzini.
La nuova stazione di Forlì. Archivio Fotografico Biblioteca A. Saffi di Forlì
È qui che tra il 1925 e il 1927 venne costruita la nuova stazione ferroviaria della città. La nuova stazione sostituì la vecchia e diede il la all’ambizioso progetto fascista di costruzione di un nuovo baricentro della città.
Il piano era rendere Forlì una città esemplare di provincia, una “piccola Roma” che facesse da modello alle altre città capoluogo.
Viale XVIII ottobre, oggi viale della Libertà, nel 1935. Fonte incerta.
Il punto di vista dello storico
Il progetto facista per viale della libertà
Ecco come, nel 1928, Ettore Casadei descrive il nuovo viale in costruzione nella sua Guida alla Città di Forlì e dintorni: “Misura circa m. 650 di lunghezza e m. 40 di larghezza ed ha quattro marciapiedi o viali per pedoni… Lungo i lati del viale e nei pressi della Stazione dovranno sorgere nuovi ed eleganti edifici che daranno un’impronta di modernità al nostro paese.”
Case Incis. Raccolta privata
Uno dei primi “nuovi ed eleganti edifici” ad essere costruiti sono proprio le due case Incis, nei primi anni ‘30
I.N.C.I.S. è l’acronimo di Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati Statali: un ente pubblico nato nel 1924 per costruire edifici da affittare ai dipendenti civili e militari dello Stato. L’Istituto giocherà un ruolo interessante nell’edilizia pubblica italiana, soprattutto in epoca fascista, costruendo edifici e a volte interi quartieri in Italia e nelle ex colonie italiane. Ad Addis Abeba, in Etiopia, esiste ancora il quartiere Kazanchis, il cui nome aramaico ricorda molto l’italiano “Case Incis”.
Le case Incis di Forlì furono progettate dall’ingegnere romano Paolo Angella, direttore dell’Istituto.
Angella aveva il mandato di costruire edifici popolari ed economici, che potessero massimizzare l’uso dello spazio e minimizzare la spesa. D’altra parte, queste case dovevano essere all’altezza del progetto ambizioso sul viale.
Il risultato sono due palazzine eclettiche piuttosto eleganti, con 24 alloggi ciascuna, dotati di servizi modernissimi per l’epoca: termosifoni, riscaldamento, acqua corrente, bagno, luce, gas e telefono. Gli alloggi sono progettati per essere ambienti salubri e luminosi. Il piano terreno era destinato ad ospitare negozi di vicinato: l’idea era di creare un quartiere vivo, misto, dove le persone vivessero, dormissero e lavorassero.
Le case Incis 90 anni fa
Nel giro di pochi anni le case sono progettate, costruite e cominciano ad essere popolate.
Gli inquilini sono per lo più impiegati statali, insegnanti, professori, militari e professionisti del genio civile, insieme alle loro famiglie.
Le case sono dotate di servizi in comune: lavanderie e cantine di cui si prende cura il custode, che ha il compito tenere puliti gli spazi comuni e il cortile, consegnare la posta e smistare le telefonate.
Vecchi locali di servizio
In uno degli appartamenti abita Elda, maestra, insieme al marito Nicola, insegnante di educazione fisica, e ai loro cinque figli. Elda insegna in una piccola scuola elementare di campagna, che raggiunge tutti i giorni in bicicletta. Qui si prende a cuore le sorti di una sua brillante allieva, Silvana, e convince il padre ad iscriverla alle scuole medie. Per preparare l’esame, Silvana passa lunghi pomeriggi a casa della maestra. La casa, così diversa dalle abitazioni rurali a cui è abituata, la colpisce molto: il bagno si trova all’interno e ci sono addirittura un salotto e una sala da pranzo.
Durante la guerra, come molte altre abitazioni, anche le case Incis si svuotano dei loro inquilini civili. Elda e la sua famiglia si trasferiscono per qualche anno a San Tomé.
Le palazzine, come altri edifici del viale, vengono danneggiate pesantemente durante i bombardamenti alleati: il civico 20 perde la sua torretta che verrà poi ricostruita negli anni ’50.
Reserved for civilians
Al posto dei civili nelle case Incis trovano alloggio i militari alleati.
Dopo la Liberazione la città e i suoi cittadini cominciano a costruire una nuova normalità.
Il fascio littorio viene rimosso dallo stemma presente sulla facciata delle case Incis
Dalle case Incis vengono rimossi i simboli del regime fascista
Dopo la Liberazione negli appartamenti delle case Incis tornano a vivere gli abitanti sfollati e ne arrivano di nuovi. Bambini e ragazzi ricominciano a popolare i giardini e il viale. Anita, figlia di Elda e Nicola, che all’epoca frequentava le scuole elementari, è tra i bambini rientrati subito dopo la guerra.
Archivio Fotografico Biblioteca A. Saffi di Forlì
Anita ricorda bene i primi tempi dopo la fine della guerra, quando gli abitanti appena rientrati condividevano le palazzine con i militari alleati
Anche Silvana ricomincia a frequentare la casa di Elda. Soprattutto nella stagione fredda, con ghiaccio e neve, la ragazza si ferma spesso a studiare e a dormire: ha a disposizione un lettino pieghevole che può spostare in soggiorno o nella camera delle figlie.
Lentamente, la vita in città torna alla normalità. Si ricomincia a lavorare, a studiare. Nuove famiglie si trasferiscono nelle case Incis. I danni provocati dai bombardamenti vengono sistemati.
Viale della libertà. Archivio Fotografico Biblioteca A. Saffi di Forlì
Nei ricordi di Anita il viale era un grande palcoscenico per lunghe partite a nascondino e a tappi.
Silvana si iscrive all’università, a Bologna. Parcheggia la bicicletta nei locali a disposizione della famiglia di Elda e raggiunge la facoltà in treno.
Silvana inizia a lavorare nella farmacia comunale di via Matteotti a poche centinaia di metri dalla casa della sua ex maestra Elda, che, ormai in pensione, diventa sua cliente.
Alle famiglie residenti nelle case Incis viene offerta l’opportunità di riscattare l’affitto pagato e di diventare così proprietari delle abitazioni.
E così, oggi, nei 48 appartamenti delle due palazzine vivono persone che le abitano da generazioni, come Nicola, nipote di Elda. Oppure persone che vi si sono trasferite da poco e da lontano, come Jennifer, che da New York, passando dalla Germania e dall’Inghilterra, ha trovato in un appartamento delle case Incis il luogo dove fermarsi.
Le case Incis oggi
Il punto di vista dell’architetto
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