Il Cavaliere Ettore Benini, nato nel 1867, era un costruttore forlivese di grande successo. Se sei di Forlì forse hai notato la scritta “Ettore Benini” sul portale all’inizio del Viale della Libertà. Ecco, quella era la sede della Società Anonima Cantieri Ettore Benini, che nel 1926 impiegava più di 500 operai.
L’antica sede dei cantieri Benini
Alcune cartoline inviate a Ettore Benini dai suoi operai
La famiglia conserva ancora molte delle cartoline inviate durante la Prima Guerra Mondiale al costruttore dai suoi operai sul fronte
Durante il ventennio fascista la società di Ettore Benini era una delle principali ditte costruttrici italiane, con decine di cantieri in tutta Italia, in Grecia e in quelle che al tempo erano le colonie italiane.
La chiave del successo di Benini fu un’innovazione tecnologica che divenne poi uno dei pilastri portanti della costruzione mondiale: l’uso sistematico del cemento armato.
L’uomo di punta della Società di Benini era, infatti, l’ingegnere e deputato Vincenzo Lami: uno dei primi esperti italiani di cemento armato, una tecnica che aveva approfondito in Germania. Lami sposò una delle figlie di Ettore, Valeria Benini, diventando suo genero.
All’apice del suo successo, Ettore Benini decise di costruire una palazzina privata a Forlì. Per farlo si mise in società con l’architetto Cesare Bazzani, celebre progettista romano. Bazzani e Benini avevano già lavorato insieme in città, progettando e costruendo il Palazzo delle Poste.
L’architetto Cesare Bazzani – fonte: Wikipedia
L’architetto e il costruttore finanziarono insieme le due palazzine gemelle che oggi fanno da quinta all’ingresso del corso della Repubblica.
Bazzani, che aveva progettato pochi anni prima anche il monumento ai caduti di Piazzale della Vittoria, dove forse ti trovi ora, concepì le due palazzine per creare un ingresso trionfale e scenografico al centro storico della città, in linea con il progetto fascista di rendere Forlì una “Piccola Roma”.
Le nuove porte della città nello schizzo di Cesare Bazzani. Fonte: Archivio di Terni – fondo Cesare Bazzani
Il punto di vista dello storico:
Si sposta il baricentro della città
Nel progettare le palazzine, Bazzani mette in campo il suo gusto romano e il suo razionalismo sui generis. In questi due edifici, infatti, elementi tipici dello stile razionalista coabitano con elementi decorativi che strizzano l’occhio allo stile neoclassico ed eclettico.
Dai un’occhiata, per esempio, alle cornici esterne delle finestre, diverse in ciascun piano. Oppure all’altana, ovvero il terrazzino coperto a forma di torretta che conferisce slancio all’edificio, un elemento tipico di molti progetti di Bazzani.
Anche la copertura originale viene realizzata in litocemento armato, con una tecnica particolare che imita il marmo travertino, un materiale molto più costoso. Per realizzare questo finto travertino il cassone dove veniva gettato il litocemento era cosparso di sale grosso. Una volta asciugata la lastra, il sale veniva lavato via: sciogliendosi lasciava sulla superficie del cemento i vacuoli tipici del travertino.
Imitazione del marmo travertino in litocemento
In Romagna veniva usato sale di Cervia, che conferiva al finto travertino una sfumatura rossastra
Né il Cavalier Benini né l’Ingegnere Lami si godranno a lungo le palazzine. Entrambi muoiono nel 1934, a distanza di pochi mesi uno dall’altro. Lami ha 38 anni e lascia la famiglia e numerosi progetti in corso, tra cui il disegno del ponte che collega Mestre a Venezia, che verrà concluso da altri.
Manlio Morgagni, amico intimo di Mussolini, diventa il nuovo presidente della ditta Benini. Nei primi anni ’40, con il calo delle commesse pubbliche, la società comincerà un lento declino, fino a chiudere definitivamente alla fine degli anni ’40.
La palazzina Benini e la sua gemella Bazzani vengono inaugurate.
Entrambe vengono destinate ad abitazioni private. Valeria Benini, vedova di Lami, occupa il primo piano insieme ai figli e alle figlie. Al piano terra si installa il Generale Navarini, di stanza a Forlì. Al secondo piano abita l’Ingegner Guglielmini, al terzo Madonia, direttore della fabbrica Bonavita, e al quarto la famiglia Zanelli.
Cosa c’era prima
Fotografia aerea del Piazzale della Vittoria (allora piazzale Casalini). Archivio Fotografico Biblioteca A. Saffi di Forlì
La palazzina Benini diventa ben presto uno dei punti di riferimento della “Forlì bene” dell’epoca: qualcuno ricorda ancora il giardino circostante la villa, allora arredato con piante lussureggianti e voliere
Con il sopraggiungere della guerra nella palazzina Benini viene allestito un rifugio antiaereo proprio sopra alle cantine, che fungeva da riparo sia per gli abitanti della palazzina sia per il vicinato.
L’edificio adiacente alla palazzina Benini viene occupato dalle truppe indiane: i figli di Valeria ricordano ancora l’immagine esotica dei militari Sikh che srotolavano i turbanti sul terrazzo e liberavano i lunghi capelli, di solito nascosti, per lavarli.
Le truppe canadesi passano sotto le palazzine gemelle. Foto tratta dal volume “1944: dolore e terrore” edito dal Comune di Forlì
Quando i bombardamenti si intensificarono tutti gli abitanti sfollarono in campagna e nella palazzina si insediarono le truppe inglesi e indiane
Tornata la pace, Valeria e i figli si trasferiscono nuovamente nella palazzina, sono l’unica famiglia che vi torna dopo le vicissitudini della guerra. Paola Lami, figlia di Valeria, all’epoca ha 18 anni e da allora è sempre rimasta a vivere qui.
Il pavimento della cucina del primo piano, bruciato dai fuochi da campo accesi dai militari inglesi per cucinare
Il piano terra è l’unico spazio agibile della casa: negli altri piani i militari hanno sfasciato tutto
Alla morte di Valeria i suoi cinque figli ereditano la palazzina. Paola Lami sposa il figlio di Tonino Spazzoli, celebre partigiano e antifascista forlivese.
Molti inquilini affittuari si avvicendano nei vari piani della palazzina
I figli di Paola ricordano le lunghe partite a nascondino in giardino con i bambini del quartiere e le prove di coraggio fatte attraversando il passaggio sotterraneo che collegava la palazzina Benini all’edificio sul retro
Negli anni ‘50 l’edificio è anche uno degli osservatori privilegiati durante il passaggio della Mille Miglia, la storica gara automobilistica, che percorreva la via Emilia. Famiglia e amici si riunivano sulla torretta e passavano la nottata in attesa delle auto che sfrecciano tra le due palazzine.
La partenza della XVII Mille Miglia da Brescia, Archivio Storico Luce
Nel corso degli anni ‘80 la palazzina viene in parte venduta. Il commercialista Giorgio Numa acquista alcuni appartamenti e commissiona importanti interventi di restauro e modifica: la facciata viene ritinteggiata e stuccata, viene aggiunto un ascensore vicino alla rampa di scale centrale, alcune scale spariscono. La torretta viene chiusa.
L’ascensore installato negli anni ‘80
Negli anni ’80 la palazzina viene restaurata, molti elementi originali vengono modificati
Oggi, nel 2021, Paola Lami ha 93 anni. Vive ancora al secondo piano della palazzina insieme ai figli.
Oltre a loro la palazzina ospita numerosi inquilini e uffici, tra cui l’ufficio di Giorgio Numa, la sede di un quotidiano locale e un’assicurazione.
Il punto di vista dell’architetto
Vista attuale (2021) della palazzina Benini.
© 2021 / comeinforli. Privacy Policy | Cookies policy
Design by domanistudio.it